Maschera di Kirkup

Piazza della Signoria Firenze

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Dietro questa maschera del volto di Dante, custodita all’interno di Palazzo Vecchio, ci sono diverse storie affascinanti. La maggior parte delle persone probabilmente la conosce grazie al libro Inferno di Dan Brown. Per rinfrescare la memoria: Langdon si rende conto che il suo cilindro proietta sul disegno di Botticelli la frase cerca trova (che non troverete senza difficoltà sul muro del Salone dei Cinquecento nella “Battaglia di Marciano” di Vasari). Questo fatto lo porta a collegare la frase “Paradiso XXV” al Battistero, dove trova la maschera funeraria di Dante. Sul retro, Langdon scopre un indovinello che porta lui e la trama del libro lontano da Firenze.

Meno futuristica, ma non per questo meno allettante, è la vera storia della maschera. Gli studiosi ora credono, come propose Corrado Ricci per la prima volta nel 1891, che quello che stai guardando sia una copia del volto di una statua che un tempo decorava la tomba di Dante a Ravenna. Secondo l’ipotesi dello studioso, quel busto originale fu realizzato nel 1481 da Tullio Lombardo (il figlio di Pietro Lombardo, che allora era il responsabile dei lavori di restauro della tomba).

Intorno al 1555, l’arcivescovo di Ravenna tolse il busto e lo consegnò al Giambologna (scultore del “Ratto delle Sabine” nella Loggia della Signoria), che a sua volta lo diede al suo allievo, Pietro Tacca (l’artista che realizzò la copia in bronzo del cinghiale chiamata “Porcellino” al Mercato Nuovo).

Sembra che il Tacca avesse permesso a diverse persone di copiare la maschera: un giorno tuttavia gli fece visita una delle duchesse della famiglia Sforza che, dopo aver visto la maschera, la prese, la avvolse nella sciarpa verde che indossava e se andò. Da quel momento nessuno sa dove si trovi.

La maschera in questa piccola custodia di legno è probabilmente una delle copie fatte dall’originale in possesso del Tacca. Appare per la prima volta nel 1830 quando viene improvvisamente scoperta a Ravenna da un artista di nome Lorenzo Bartolini che la consegna al collega e amico Seymour Kirkup, da cui appunto prende il nome.

Kirkup era un ricco inglese che dedicò tutta la sua vita a Dante. Nato in Inghilterra nel 1788, Kirkup conosceva anche William Blake (la cui passione per Dante è ben nota), John Keats e Mary Shelley, autrice di Frankenstein.

Kirkup era anche seguace di un chiaroveggente chiamato Daniel Home che conduceva sedute spiritiche e fungeva da medium per le conversazioni con i morti. Nathaniel Hawthorne incontrò Kirkup a Firenze e ricordò che egli aveva “non immeritatamente acquisito la reputazione di essere un negromante poiché era profondamente interessato a contattare gli spiriti e a tenere conversazioni con poeti e imperatori passati a miglior vita”.



Sopra: foto di Daniel Dunglas Home (pronunciato “Hume”)


Secondo Hawthorne, Kirkup era convinto che si trattasse di una maschera mortuaria e che quindi rappresentasse le caratteristiche reali di Dante. Sosteneva inoltre che Kirkup avesse avuto regolari conversazioni con Dante attraverso un medium e che la connessione fosse particolarmente forte quando la sua giovane figlia Imogene era nella stanza.

Circa un decennio prima di morire, Kirkup vendette tutti i suoi libri in modo da garantire alla figlia una vita decorosa dopo che egli fosse morto. (La giovane morì a soli 24 anni e fu sepolta, come anche il padre, a Livorno.) Alcuni dei volumi più preziosi furono acquistati da Bertram, il quarto Conte di Ashburnham, da cui il governo italiano successivamente li ricomprò. Ora sono conservati presso la Biblioteca Nazionale di Firenze (dove si trova un’altra statua di Dante). Quando Kirkup morì, la sua vedova consegnò questa maschera ad Alessandro D’Ancona che la donò agli Uffizi nel 1911 (da qui la descrizione inscritta sotto).