Tomba di Dante a Santa Croce

Piazza di Santa Croce Firenze

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Il cenotafio dantesco, inaugurato il 24 marzo 1830 nella chiesa di Santa Croce, come riportato dal quotidiano dell’epoca la Gazzetta di Firenze, fu eretto esplicitamente per il “Peregrino che cerchi un monumento del Divino Poeta nella Terra sua natale”. La commissione del lavoro venne affidata a Stefano Ricci (1765-1837), uno scultore neoclassico che insegnava all’Accademia di Firenze e i cui lavori erano ritenuti austeri e formali.

Anche la cerimonia di inaugurazione ebbe una veste piuttosto formale: a consacrare l’evento, per il quale venne scritta una apposita musica, fu chiamato l’arcivescovo di Firenze. Furono inoltre elargiti tra il pubblico degli opuscoli che contenevano dei versi elegiaci in onore a Dante. Molti testimoni ricordano che quel giorno ci fu un enorme flusso di gente che si recava a visitare il monumento in onore al grande poeta fiorentino.

Dante è raffigurato come un uomo abbastanza giovane (si ricordi che morì all’età di soli 56 anni) dalla corporatura robusta e dai muscoli ben scolpiti e questo in qualche maniera simboleggia il periodo più arduo per il poeta quando era impegnato nella stesura della Commedia, cioè durante il periodo, come dice Dante stesso, “che mha fatto per molti anni macro” (Paradiso XXV.3).

Dietro di lui si scorgono una lira e una tromba (ossia la poesia che ha qualcosa da dire). Davanti alla statua si trovano due figure allegoriche: a sinistra, la personificazione dell’Italia, mentre a destra la musa Calliope che piange la perdita di un grande poeta epico. Similmente alla statua posta di fronte alla chiesa di Santa Croce, anche il cenotafio vuole rappresentare Dante come una imponente figura di unità italiana. 

Sul piedistallo che sorregge la statua si legge una citazione dal canto IV dell’Inferno: “Onorate l’altissimo poeta”. Questo endecasillabo è il primo dei due versi solennemente annunciati dagli “spiriti magni” (“Onorate l’altissimo poeta: / l’ombra sua torna, ch’era dipartita”, Inferno IV.80): queste parole si riferiscono a Virgilio che ha lasciato il Limbo per soccorrere Dante, ma funzionano ugualmente bene anche alla base del cenotafio.

Firenze ha più volte richiesto che i resti di Dante fossero restituiti alla città, ma Ravenna si è sempre rifiutata. Nel 1396, 1429 e 1519 i fiorentini rinnovarono ufficialmente la loro petizione. In questo ultimo caso, Papa Leone X (Giovanni Lorenzo de’ Medici) funse da mediatore.

Fu a lui che Michelangelo scrisse offrendosi di costruire la tomba per il grande poeta (che però non venne mai realizzata): “Io Michelangelo scultore il medesimo a Vostra Santità supplico, offerendomi al Divin Poeta fare la sepultura sua condecente e in loco onorevole in questa città”. È un peccato che la statua non sia mai stata realizzata.