
Ponte Vecchio
Ponte Vecchio Firenze
... in sul passo d’Arno
(Inferno XIII.146)
Questa lapide si trova nella Loggetta sotto il Corridoio Vasariano, al centro di Ponte Vecchio. Sebbene Dante parli diverse volte dell’Arno, ad esso si riferisce in maniera specifica solamente in due casi: il primo, nella selva dei suicidi (Inferno XIII) e il secondo, nel discorso di Cacciaguida (Paradiso XVI.146). In entrambe le istanze Dante intende la statua di Marte che si spiega con il riferimento alla lapide posta alla estremità del ponte.
La terzina dantesca infatti ricorda al lettore che Marte, indignato per non essere più il patrono di Firenze (sostituito appunto da San Giovanni Battista) “sempre con l’arte sua la farà trista”. La statua di Marte fu trasportata via dalle acque della piena dell’Arno che distrusse il ponte nel 1333.
Non lontano da questa lapide se ne trova un’altra che ricorda la piena dell’Arno. È scritta in carattere gotico ed è accompagnata dalla statuetta di un putto. L’iscrizione è antica ma la statuetta è più recente. Si legge:
anno milleno ter centum ter quoque deno
et tribus adiunttis in quarta luce novembris
turbine limpharum multarum corruit hic pons
postea millenis ter centum quinque novenis
pulcrior ornatus factus fuit et renovatus,
hic puer ostendit breviter que facta fuerunt.
Il 4 Novembre del 1333, questo ponte crollò nel flusso ribollente delle acque dell’Arno. In seguito, nel 1359, fu ricostruito e reso ancora più bello. Questo ragazzo indica, in breve, quel che si fece.
Nonostante la longevità di una leggenda che sostiene che Dante abbia visto per la prima volta Beatrice su questo ponte, nulla di simile viene mai menzionato dal poeta. Ad iniziare e perpetuare questo mito potrebbero essere stati i romantici o i preraffaelliti.
Henry Holiday. Beatrice e Dante (1882-84). Rappresentazione dei due innamorati secondo quanto raccontato nella Vita Nova. Ponte Vecchio è visibile sullo sfondo.
A partire dal 1422 Ponte Vecchio era il luogo dove si trovavano le botteghe dei macellai, spostate qui a causa dei fortissimi odori che infestavano il centro. Dal ponte, i beccai (macellai), gettavano gli scarti direttamente nel fiume sottostante. Vennero definitivamente allontanati nel 1593 e rimpiazzati dagli orafi su insistenza del Duca Ferdinando I de’ Medici che non poteva più sopportare che l’odore dei negozi si sentisse a quel punto per tutta la città. Per molti secoli, i renaioli (ossia coloro che scavano la sabbia e la rivendevano lungo l’argine dell’Arno) erano gli unici che si potevano scorgere sotto il ponte, ma dopo che giunsero gli orafi, la zona sottostante si riempì di gente che credeva di poter trovare nelle acque del fiume qualche residuo di oro.
Forse non è una coincidenza che la distruzione minacciata da Marte sia continuata nel XX secolo. I nazisti ordinarono l’eliminazione di tutti i ponti che attraversavano l’Arno durante la loro ritirata verso nord nel 1944. Gerhard Wolf, comandante tedesco, si rifiutò di eseguire l’ordine di sabotare Ponte Vecchio. Egli fece tuttavia distruggere tutti gli edifici che si trovavano ai lati opposti del ponte e pur rendendoli non praticabili fu in grado di preservarne la struttura per le future generazioni.
Sotto: un B-26 vola su Ponte Vecchio nel 1945.
In alto: Lapide dedicata a Gerhard Wolf per aver risparmiato Ponte Vecchio dalle barbarità della Seconda Guerra Mondiale
Durante la ritirata dei Nazisti verso nord nel 1944, venne ordinato di distruggere tutti i ponti, ma Gerhard Wolf (1896-1971), in ricordo del quale vi è una lapide sul ponte, si oppose alla distruzione di Ponte Vecchio.