
Galleria dantesca e galileiana
Via Tripoli Firenze
La tribuna dantesca e galileiana è situata sopra l’ingresso della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Il nucleo originario della biblioteca (circa 30.000 volumi) venne donato da Antonio Magliabechi alla sua morte avvenuta nel 1714. Da allora il comune di Firenze ha continuato ad arricchire la collezione in quel momento ubicata presso gli Uffizi e aperta al pubblico nel 1747. Già verso la fine del 1800, con l’aggiunta di migliaia di nuovi volumi, si rese necessaria la traslazione dell’intera struttura presso l’attuale edificio in Piazza dei Cavalleggeri.
Nel 1902 l’architetto Cesare Bazzani (ideatore anche della stazione ferroviaria Santa Maria Novella) vinse il bando per la costruzione della biblioteca i cui lavori iniziarono solo nel 1911. Le prime ad essere realizzate nel 1929 furono le tribune di Dante e di Galileo. La statua di Dante qui raffigurata rappresenta le scienze umanistiche mentre quella di Galileo le scienze naturali.
Statua di Antonio Magliabechi (1633-1714) all'interno della Biblioteca Nazionale di Firenze
Il Magliabechi, oltre a soffrire di ipercifosi dorsale (curvatura fisiologica della schiena), è ricordato per essere stato affetto da disposofobia, ossia un disturbo da accumulo compulsivo: è proprio per questa ragione che riempiva di libri intere stanze del suo palazzo.
Pare che non fosse un campione della pulizia: si dice infatti che sia i suoi vestiti che il colore della sua pelle fossero sempre fuligginosi a causa della sua abitudine di riscaldarsi vicino al focolare.
Considerando che la sua è anche l’ultima faccia che si vede uscendo dagli Uffizi, chiediamo perdono per aver pensato a lui come a un bizzarro zio fiorentino.
Nel 1889, il comune di Ravenna consegnò alcune delle ceneri di Dante alla Repubblica Italiana e alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Originariamente, lo spazio al di sotto della statua di Dante era destinato a ricevere l’urna con le ceneri del poeta che erano state messe dentro una busta sigillata e riposte in un cassetto in attesa della realizzazione dell’opera.
Purtroppo, tra il 1929 e il 1935, le ceneri si trovavano ancora in quel cassetto quando la scrivania insieme ad altre suppellettili vennero donate, facendo perdere così ogni traccia dei resti di Dante.
Le quattro parole sul piedistallo sono le prime della seguente citazione:
“Questo sarà luce nova, sole novo, lo quale surgerà là dove l’usato tramonterà, e darà luce a coloro che sono in tenebre ed in oscuritade per lo usato sole che a loro non luce” (Convivio 1.13.12).
Il soggetto è la lingua italiana per cui Dante prevede un grande periodo di gloria e prestigio anche maggiori di quelli della lingua latina.
Ai tempi di Dante, questa area era paludosa e molto spesso veniva inondata dalle piene dell’Arno.