Brunetto Latini
Via de’ Cerretani Firenze
.... in la mente m’è fitta, e or mi accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi, quando nel mondo ad ora ad ora
m’insegnavate, come l’uom s’eterna.
(Inferno XV.82-85)
Sopra: illustrazione di Doré dell’incontro di Brunetto con Dante e Virgilio
I lettori dell’Inferno si ricorderanno certamente della scena qui commemorata. Appena giunto sulla sabbia infuocata del girone dei sodomiti, sotto la pioggia di fuoco, Dante riconosce il suo vecchio maestro e così a lui si rivolge:
... siete voi qui ser Brunetto?
(Inferno XV.30)
Brunetto Latini (ca. 1220-94) fu un uomo di grande prestigio ai tempi di Dante. Era un filosofo, uno studioso, un retore e un politico. Nell’estate del 1260, Brunetto prestò servizio come segretario fiorentino alla corte spagnola di Alfonso X “El Sabio”. Sulla via del ritorno, all’inizio di settembre, scoprì che i Ghibellini avevano conquistato Firenze dopo la battaglia di Montaperti. Essendo Guelfo e non potendo ritornare a Firenze decise di recarsi a Parigi.
Qui si unì a un gruppo di banchieri fiorentini e si dedicò all’attività notarile mentre lavorava al suo Tresor, una summa di retorica basata sulla storia del mondo, scritta in francese. Dopo la decisiva vittoria dei Guelfi nella battaglia di Benevento del 1266, riuscì finalmente a rimettere piede a Firenze e presto tornò al governo della città. Trascorse infatti la metà del 1287 ricoprendo l’incarico di priore nella Torre della Castagna, che si erge sopra la casa di Dante.
Dante si riferisce qui a Brunetto come al suo maestro. Il modo in cui “un uomo si rende eterno” è, naturalmente, attraverso la letteratura. La lapide di Brunetto è posta sul muro esterno della chiesa di Santa Maria Maggiore e quivi fu sepolto nella cappella nord. Tutto quello che rimane della sua tomba è custodito all’interno della chiesa.
In basso: la Colonna di Brunetto Latini
Le spoglie di Brunetto erano qui anticamente conservate dentro un sarcofago sorretto da quattro colonne, e questa è l’unica che oggi ci sia rimasta. Nel secolo XVII, durante il restauro della struttura, alcuni operai scoprirono questa antica colonna recante l’iscrizione funebre di Brunetto Latini il quale non solo era un notaio, un uomo di stato e un autore, ma -come ci dice Dante- era anche il suo maestro. Quando infine la colonna venne spostata in questo luogo vi fu aggiunta sopra una lapide nella quale si legge:
“In onore di Brunetto Latini, nobiluomo fiorentino, rinnovatore dell’eloquenza e della poesia e incomparabile maestro di Dante Alighieri e di Guido Cavalcanti, che morì nell’anno 1294. Questa è una piccola colonna della sua tomba che fu distrutta due volte, e che fu restituita al suo stato di grande splendore ed ivi posta dai monaci di questo convento con l’approvazione di Giuseppe Maria Mazzei, vicario generale, a beneficio dei cittadini di Firenze nell’anno 1751”.
La colonna, sulla quale vi è lo stemma di famiglia, riporta anche l’epigrafe di Brunetto:
S(epulcrum) S(er) Burnetti Latini et filior(um)
(Tomba di Ser Brunetto Latini e dei suoi figliuoli)
Sotto l’iscrizione vi è lo stemma di Brunetto con sei rose gialle in campo blu
Perso, il figlio di Brunetto, era una persona molto gradita al Re di Napoli (Carlo I) e per questo gli fu concesso di incorporare nel proprio stemma i simboli angioini, ossia il rastrello rosso e i gigli gialli che, sebbene non appartenessero a Brunetto stesso, sono stati aggiunti allo stemma conservato alla Casa di Dante e che è tutt’ora visibile a Santa Maria Novella: