Beatrice

Via del Corso Firenze

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   Sovra candido vel, cinta d’oliva
donna m’apparve sotto verde manto
vestita del color di fiamma viva.

(Purgatorio XXX.31-33)



In questi versi il nostro poeta inizia la narrazione della sua riunione con Beatrice in Purgatorio. Ricorderai che Dante, dopo essere stato immerso nel fiume Lete, vede una processione di personaggi allegorici guidati da un candelabro che lascia scie psichedeliche di luce dietro le sue fiamme. Poi vede i ventiquattro seniori, i quattro animali dell’Apocalisse e un carro trainato dal magico grifone. Scorge la sagoma di Beatrice e, ricordando che una volta ha tremato in sua presenza, confessa: “Conosco i segni de l’antica fiamma” (Purgatorio XXX.48).

È difficile spiegare l’importanza della relazione amorosa tra i due. Nella Vita Nova Dante racconta il suo amore per Beatrice e le forti emozioni derivate da questa passione. Beatrice non era solo una donna; era anche il numero 9. In altre parole, si avvicinava così tanto alla perfezione umana che la sua bellezza la faceva sembrare un angelo. Nella Vita Nova Dante racconta la storia di come quella bellezza abbia risvegliato in lui un desiderio naturale, che all’inizio sembrava romantico ma, dopo la morte della donna, si è rivelato un desiderio di Amore divino che “muove il sole e le altre stelle”.

Nelle prime pagine della Divina Commedia scopriamo che la Vergine Maria era in ansia per i peccati di Dante e, dopo aver ricevuto il permesso da Dio, chiede a Santa Lucia di aiutarlo in qualche modo. Santa Lucia pertanto manda Beatrice nell’Inferno per convincere Virgilio ad andare incontro a Dante nella “selva oscura” della perdizione. Qui lo aiuterà a salvare la sua anima accompagnandolo attraverso il viaggio all’Inferno.



Beatrice, soprannominata Bice, nacque nel 1266 ed era figlia di Folco Portinari. La sua famiglia si arricchì grazie al commercio e alle banche e, non a caso, apparteneva alla consorteria dei Cerchi che guidavano la fazione dei Guelfi Bianchi. Folco, che è sepolto nella cappella di Sant’Egidio nel complesso ospedaliero di Santa Maria Nuova, scelse Simone de’ Bardi come marito per la figlia. Costui veniva da una famiglia molto ricca che col passare del tempo sarebbe diventata sempre più potente.

Beatrice visse qui, a pochi passi dalla chiesa di Santa Margherita, che è praticamente adiacente alla casa in cui viveva Dante. Si diceva che la sua balia, Monna Tessa, l’avesse accompagnata ovunque, come era consuetudine tra le famiglie privilegiate come quella dei Portinari. La povera Beatrice morì, come è tristemente raccontato nella Vita Nova, l’8 giugno 1290, pochi giorni prima del suo 24° compleanno.

La poesia cortese e poi toscana spesso elogiava le relazioni amorose adultere, specialmente quelle a carattere non sessuale. Questo avveniva perché molto frequentemente i matrimoni erano combinati e le coppie sposate avevano rare relazioni carnali. Non ci sono tuttavia prove concrete che Dante e Beatrice abbiano avuto una relazione fisica. Dante era sposato con Gemma Donati che viveva accanto alla torre Donati in piazza San Pier Maggiore (sotto) prima di trasferirsi a casa di Dante.



Gemma apparteneva al clan dei Donati (Guelfi Neri) che aveva altre proprietà molto vicine alle case degli Alighieri. Non possiamo dire se Dante l’amasse veramente. Quando Dante venne esiliato, Gemma rimase a Firenze. Permise ai suoi figli di lasciare la città per stare con lui una volta raggiunta la maggiore età, ma a quanto pare non le interessava vedere il marito esule. Infatti, la loro figlia Antonia si trasferì a Ravenna per unirsi al padre e in quel luogo si fece monaca, prendendo il nome di Suor Beatrice, e a Gemma questo non sarebbe sicuramente piaciuto.



Stemma della famiglia Portinari



Stemma della famiglia Bardi. Beatrice sposò Simone de’ Bardi e molto probabilmente fu sepolta con la famiglia di lui a Santa Croce.