
Buondelmonte de’ Buondelmonti
Borgo Santi Apostoli Firenze
O Buondelmonte ..................
Molti sarebber lieti che son tristi,
se Dio t’avesse conceduto ad Ema
la prima volta che a città venisti.
(Paradiso XVI.140-44)
Ancora una volta questa lapide ricorda un passaggio della conversazione tra Dante e Cacciaguida nel sedicesimo canto del Paradiso (l’argomento della discussione riguarda i gloriosi cittadini di Firenze). Il trisavolo di Dante si lamenta della nuova gente arrivata a Firenze, proprio come ha fatto nella lapide qui vicino (Baldovinetti). Nei primi anni del 1100, questa zona di Firenze, nota come Borgo Santi Apostoli, era costituita da circa sei isolati di edifici disposti tra le mura romane (ora via Porta Rossa) e l’Arno.
Il termine borgo (affine all’inglese burg) deriva dagli invasori germanici del V secolo e veniva usato per descrivere i quartieri che sorgevano lungo le mura di una città. Con lo svilupparsi delle città medievali, queste aree venivano circondate da una nuova cinta muraria. L’idea di fondo, e quindi il pensiero di Dante citato nei versi qui sopra, è che Firenze ha visto ogni sorta di guai causati dall’arrivo della “nova gente” (principalmente una nuova classe sociale, non nobile di sangue, che però grazie al commercio si era arricchita molto velocemente) e che Firenze stessa godrebbe di una migliore situazione se Dio avesse fatto affogare l’intero clan dei Buondelmonti nel fiume Ema, che scorre a circa 4 km da questo luogo.
Secondo la leggenda, i Buondelmonti erano originariamente dei banditi che vivevano in campagna ed erano sarcasticamente stati soprannominati “buoni del monte”. Tuttavia, il nome più antico della famiglia era Montebuoni e possedevano un castello in Val di Greve. Quando questo fu distrutto dall’esercito fiorentino nel 1135, la famiglia Buondelmonti si trasferì definitivamente in città.
Qui, tuttavia, sono condannati per un’altra ragione e l’evento in questione è stato per secoli considerato uno dei più significativi di tutta la storia fiorentina.
Nel 1215, durante un banchetto in onore di un giovane appena diventato cavaliere, Buondelmonte de’ Buondelmonti e Uberto degli Infangati, come era comune all’epoca, stavano condividendo a tavola lo stesso piatto.
Improvvisamente, uno dei giullari assunto per l’intrattenimento afferrò il piatto facendo perdere le staffe a Uberto. A quel punto, un altro commensale, un tale Oddo Arrighi de’ Fifanti, riprendendo Uberto per la sua reazione, gli tirò in faccia un piatto di cibo. Buondelmonte colto da un impeto d’ira accoltellò Oddo nel braccio e così tutti fuggirono rapidamente verso le proprie dimore.
Oddo si incontrò invece con i membri della sua famiglia e con altri amici del clan dei Gangalandi, degli Uberti, dei Lamberti e degli Amidei (tutti Ghibellini). Venne deciso che la situazione derivante da questa terribile offesa poteva essere sanata solo attraverso il matrimonio tra Buondelmonte e la nipote di Oddo, ossia la figlia di Lambertuccio degli Amidei, che viveva vicino alla statua di Marte.
Tuttavia, dopo il fidanzamento, una donna della famiglia Donati offrì a Buondelmonte una delle sue figlie suggerendo che aver dato la sua parola a Oddo solo perché in quel momento era terrorizzato lo rendeva un codardo. Per questa ragione Buondelmonte ruppe il fidanzamento e abbandonò la fanciulla degli Amidei.
Oddo e i suoi alleati si incontrarono nuovamente, ma questa volta nella chiesa di Santa Maria Sopra Porta, dove Mosca de’ Lamberti, alleato di Oddo, suggerì di eliminare Buondelmonte pronunciando la fatidica frase: “Cosa fatta capo ha!” (un verso che si trova anche in Inferno XXVIII.107).
Alcuni giorni dopo, la mattina di Pasqua del 1215, Buondelmonte venne assalito nei pressi della statua di Marte che allora si trovava su uno dei lati del Ponte Vecchio. Schiatta degli Uberti lo tirò giù dal cavallo e Oddo Arrighi gli tagliò la gola. Il corpo del malcapitato venne deposto su un carro insieme alla sconsolata consorte in lacrime e fu fatto transitare per le strade di Firenze.
Sopra: l’omicidio di Buondelmonte illustrato nel ms. Chig. L VIII 296 di Villani. Notare la statua di Marte sullo sfondo.
Incidenti simili a questo erano piuttosto comuni nel Medioevo. Poiché la famiglia degli Uberti era molto vicina ai Ghibellini, i loro nemici di conseguenza si allearono invece con i Guelfi. La scelta di sostenere il Papato (Guelfi) o l’Imperatore (Ghibellini) dipendeva tuttavia da questioni molto più serie e complicate e molto spesso anche di natura economica e politica.
Come punizione per aver preso parte a questa storia, Dante mette Mosca de’ Lamberti nell’ottavo cerchio dell’Inferno, tra i seminatori di discordia. Come si vede anche dal dipinto di Doré, i peccatori in questo cerchio vengono incessantemente infilzati dai demoni con i loro appuntiti uncini.
Stemma della famiglia Buondelmonti