
Uberti
Piazza della Signoria Firenze
Oh quali io vidi quei che son disfatti
per lor superbia!
(Paradiso XVI.109-10)
Questi versetti si riferiscono alle potenti famiglie fiorentine. Alcuni antichi commentatori pensavano che Dante accennasse ai Lamberti o alla famiglia Abati, ma molti studiosi della Divina Commedia concordano sul fatto che Dante aveva in mente la famiglia degli Uberti quando scrisse queste righe.
Gli Uberti giunsero in Toscana dalla Germania intorno alla metà del secolo X e nel giro di un paio di generazioni arrivarono a possedere parecchie aree di Firenze e zone limitrofe. In realtà, gli Uberti, come gli Adimari, costruirono nelle loro proprietà di famiglia una specie di quartier generale del clan (la corte) e da lì gestivano tutti i tipi di interessi commerciali.
Gli Uberti edificarono le loro case e le loro principali torri nelle aree segnate sotto in rosso. (La vecchia chiesa di San Pier Scheraggio è rappresentata dal rettangolo bianco, i riquadri più piccoli indicano la loggia della chiesa e il pentagono deforme mostra dove era situato il loro cimitero. La Loggia dei Lanzi è marcata in azzurro.)
Pur avendo anche altre proprietà dove poi venne edificata la prigione (le Stinche), la zona qui in basso riportata era dove gli Uberti svolgevano comunque i loro interessi. Questa area pertanto si estendeva da quello che ora è il lato est di Piazza della Signoria fino all’Arno. Non a caso, tutte queste aree segnate in rosso sono oggi proprietà della città perché, una volta che Firenze divenne definitivamente guelfa, esiliò tutta la famiglia Uberti e distrusse le loro case. Si noterà che la maggior parte di questa area è ora coperta dal complesso museale degli Uffizi. Infine, altre due torri, poste all’estremità di questa zona, difendevano gli Uberti e la loro consorteria, in caso di pericolo.
Convinti di essere divenuti sufficientemente potenti ed influenti per conquistare la città, gli Uberti interruppero i rapporti con le altre consorterie insieme alle quali gestivano il governo di Firenze (Fifanti, Giandonati, Iudi, Cavalcanti e Tornaquinci). Nell’estate del 1177, gli Uberti issarono la bandiera dell’Impero sopra le case di questi isolati e diedero inizio a una serie di scontri di strada con i loro rivali che si sarebbero protratti per più di due anni. Durante questo periodo, risse in strada, incendi dolosi e omicidi non erano rari.
Alla fine, le principali famiglie di Firenze raggiunsero un accordo, grazie anche al fatto che l’alleato militare e principale anello di collegamento con l’imperatore, Christian I (arcivescovo di Mainz), morì improvvisamente. Gli Uberti furono costretti a rinunciare a parte della loro quota nel castello di Altafronte (che si ergeva dove ora si trova il museo di Galileo, ed è segnato sulla mappa in verde), a pagare una sanzione e a promettere di non ripetere nuovamente questa situazione.
Poco tempo dopo, nel 1216, gli Uberti si trovarono coinvolti nell’assassinio di Buondelmonte de’ Buondelmonti. Poiché i Buondelmonti e le loro consorterie erano alleate con i Guelfi, gli Uberti si dichiararono Ghibellini e, in quella decisione, portarono il conflitto guelfo-ghibellino a Firenze per la prima volta.
Il membro più importante del clan Uberti fu Farinata che, come è noto, è il personaggio che si alza dalla tomba infuocata in Inferno X per predire l’esilio di Dante. La sua lapide è dall’altra parte di questa porta.
Stemma della famiglia Uberti
Stemma imperiale ed emblema dei Ghibellini